Uma Roma: piatti costruiti con un singolo ingrediente e ricette dove niente è come sembra

Uma Roma: piatti costruiti con un singolo ingrediente e ricette dove niente è come sembra

Due giovani chef con grandi esperienze alle spalle, in Italia e all’estero. Ma prima di tutto due amici dalla grande intesa. Uma Roma è la loro creatura, un nuovo ristorante che regala all’ospite un’esperienza unica. Sì perché qui l’unicità è fondamentale: nella cucina, nei piatti, nella sala e negli ambienti. Una nuova apertura che sa di futuro, come una boccata d’ossigeno per la ristorazione capitolina. Il ristorante che mancava, tutto italiano ma dal sapore internazionale, che fa ufficialmente approdare il concetto di “fine dining informale” nel quartiere Garbatella

I pilastri sono la Brace, la Fermentazione e il concetto di “Unico”, inteso come singolo ingrediente nel piatto. Il menu di Uma Roma è un menu che, allo stesso tempo, parla romano e tutte le lingue del mondo. Una romanità quasi ancestrale, fatta di antichi gesti e prodotti puri, che incontra con grande equilibrio la modernità e si contamina con il resto del mondo, senza mai distogliere l’attenzione dai grandi prodotti italiani. Tanto vegetale e un’estrema cura intorno al singolo ingrediente: un menu con piatti ideati e realizzati puntando alla “sottrazione“, costruiti tramite grandi tecniche ma che alla fine si presentano nella loro grande semplicità. Il risultato è una cucina dinamica, tecnica, divertente, creativa e contemporanea, che riesce a creare un dibattito a tavola mentre si mangia. Quando si dice esperienza.

I due chef di Uma Roma: Matteo Taccini e Luigi Senese

La colpa è tutta loro. Matteo Taccini e Luigi Senese, entrambi classe ’92, amici da una vita. Tante esperienze importanti per entrambi. Matteo sceglie principalmente l’estero: Pollen Street Social (Londra), Tickets (Barcellona), Il Pagliaccio (Roma), Noma (Copenaghen), Enigma (Barcellona), Contamina all’Hotel Laurin (Bolzano). Luigi invece sceglie di rimanere nella sua città, prima da Casa Coppelle e poi al ristorante Imago dell’Hotel Hassler. E proprio qui che i due si riuniscono e pian piano cominciano a sognare un progetto tutto loro. Col tempo l’idea prende sempre più forma… e il sogno diventa realtà. Oggi nasce così Uma Roma, il ristorante dove dare forma al loro universo gastronomico, che risente sicuramente delle loro passate esperienze in giro per il mondo, ma che colpisce subito per la forte personalità e unicità.

“La nostra è una cucina visivamente molto semplice, ma il livello tecnico è molto alto, così come lo studio l’approfondimento che mettiamo nella costruzione di ogni portata del menu. Questo perché ci piace poter coniugare il fare artigiano con la modernità… questa è la sfida che vogliamo portare avanti”, raccontano i due chef.

“Lo stesso vale per la selezione degli ingredienti da utilizzare in una ricetta: sono sempre semplici, pochissimi, a volte anche solo uno, ma per fare questo utilizziamo tante tecniche diverse per lavorare la materia prima in maniera originale, così da riuscire a dare diverse strutture e consistenze al piatto”, proseguono i due.

La “sottrazione” è il loro mantra. Lo si capisce già dal nome del locale: inizialmente doveva essere composto dalle iniziali dei loro nomi, dunque LUMA (Luigi + Matteo). Poi alla fine hanno voluto snellire anche questo togliendo la lettera L. Il font ricorda l’etrusco, a richiamare quella romanità ancestrale.

Completano la squadra di Uma: in cucina Emanuele Giunta (braccio destro) ed Edoardo De Luca; in sala Jennifer Barba (sommelier con tante esperienze internazionali) e Thais Torres (esperta di accoglienza).

Il menu di Uma Roma

Un menu romano-internazionale. Una carta che cambia spesso. Tanta attenzione alla parte vegetale. Tutta la proposta ruota intorno al concetto di “unico“, che qui viene stressato al massimo. Dal latino unicus, a sua volta derivato da unusuno solo. Ed e proprio l’unicità del singolo ingrediente a farla da padrone, che qui da Uma Roma spesso viene utilizzato da solo per la costruzione di un intero piatto. È il caso del Carciofo (ovviamente solo quando è di stagione): una cottura alla brace che lascia il vegetale estremamente tenero, aperto a fiore in maniera scenografica e adagiato sul piatto, sopra un’emulsione cremosa di carciofo e una riduzione, sempre di carciofo ovviamente. Un carciofo in purezza, elevato alla terza, che è in grado di esprimere tutti i gusti e i profumi del vegetale che normalmente non riusciamo a sentire data l’aggiunta di altri ingredienti.

“L’unico ingrediente nel piatto nasce come una sfida, un po’ perche questa filosofia ci rispecchia tanto anche nella vita, un po’ perché vogliamo andare controcorrente rispetto al ‘fumo’ dei troppi ingredienti. Ci divertiamo molto ad eliminare il superfluo, ma non è solo un virtuosismo che prevede tanta tecnica, ma un vero e proprio stile” commentano Matteo e Luigi.

Poi ci sono piatti che esprimono il concetto alla Magritte del “sembra ma non è“. Così ritroviamo di fronte ad una “Cacio e Pepe”. Le virgolette nel nome sul menu ci fanno presagire qualcosa. Parliamo di una pasta cacio e pepe senza il cacio, che però viene rievocato dalla presenza del koji, uno dei pilastri della cucina di Uma, cioè il fungo responsabile delle fermentazioni di soia, cereali e patate. Gli chef inseriscono il koji nella ricotta di pecora e la lasciano fermentare per alcuni mesi; nasce così una sorta di “miso di ricotta” che nel gusto e nei profumi ricorda moltissimo il pecorino romano utilizzato nella cacio e pepe. Il bello è che non si entra nel dettaglio durante la presentazione del piatto, ma soltanto alla fine, lasciando così all’ospite il compito divertente di capire cosa ci sia di nuovo.

Dunque brace e fermentazioni sono i due grandi protagonisti qui da Uma. Nessuna cottura sottovuoto, solo cotture dirette, sul fuoco. Anche la fermentazione richiama l’origine, una tecnica molto antica che però oggi si utilizza con grande conoscenza; e qui da Uma ha un laboratorio dedicato nella parte sottostante alla sala del ristorante. Moltissime le suggestioni orientali, in primis dal Giappone, ma gli ingredienti sono per la maggior parte italiani, come il miso fatto con la pasta e non con i fagioli di soia.

Un solo ingrediente anche nella carte dei dessert: un pre-dessert di sola pera (miele di pera, granita di pera, kombucha di pera); nella piccola pasticceria, come nella tartelletta di panna bruciata realizzata con sola panna, dentro e fuori; o il dolce di solo cacao (spugna, gelato e gruè). Tra i dolci colpisce anche la “Carbonara”(sempre fra virgolette): un piatto che viene completato tutto al tavolo davanti al cliente, con spaghetti di cioccolato 80%, spuma di zabaione (che fa la parte dell’uovo), “guanciale” realizzato con la frolla bicolore al cacao, “pecorino” fatto con il macambo (cacao albino) e gruè di cacao a richiamare il pepe.

Un menu dalla costruzione intelligente ed importante, che colpisce però per la grande accessibilità dei prezzi: 50 euro per un menu degustazione composto da 8 passi (bevande escluse) e prezzi alla carta inaspettati (antipasti 15 euro, primi piatti 18 euro, secondi piatti 22 euro, dessert 10 euro). Una scelta ben precisa che evidenzia la voglia di esprimere il concetto di unico ma accessibile, e che allo stesse tempo vuole rivolgersi ed invogliare anche agli abitanti del quartiere Garbatella, che sono ancora abituati ad un’offerta gastronomica diversa.

I fornitori sono tutti segnati nel menu, perché da Uma c’è grande voglia di creare sinergie e di fare rete. In realtà “fornitori” non è il termine giusto, sono più che altro amici e compagni di mangiate e bevute. Quasi un team allargato che contribuisce indirettamente alla creazione del menu. Solo per citarne alcuni: L’Orto di Macaone per le verdure e Rinelli per il vino.

E a proposito di vino… da Uma è presente una carta con vini solo italiani, anche per le bolle, con un’alternanza di referenze naturali e convenzionali. Tutte piccole cantine dalle piccole produzioni scovate con cura. Ci sono anche pairing diversi, come con il gin tonic o la kombucha.

Appena si entra si rimane colpiti dalla bellezza della sala. Moderna, calda e accogliente, curata nel dettaglio, dai colori bianco, del legno e bordeaux. Un sapore di casa ma allo stesso tempo internazionale. Ma soprattutto personale. Un grande bancone in legno con cucina a vista crea una continuità tra i clienti e il team. I piatti si finiscono tutti al grande bancone-pass. C’è grande trasparenza, inclusività e tanta voglia di far vedere come si lavora. Nessun interior designer: qui tutto è scelto dalla squadra di Uma. E il focus, come in cucina, è il “fare artigiano“: tutti i piatti sono realizzati a mano da una ceramista del Pigneto; così come i vassoi (tutti in legno naturale); i libretti del menu sono stati fatti a mano da una restauratrice di libri. Circa 250 mq totali, divisi tra sopra e sotto (sotto c’è parte della cucina e il laboratorio di fermentazione), per circa 30 coperti, tra cui un tavolo da due super riservato posizionato su un piccolo soppalco. L’idea è quella di aggiungere a breve uno chef table al pass.

Uma Roma

Via Girolamo Benzoni 34, Roma

www.umaroma.com

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