Un talento italiano a Parigi: chef Simone Tondo e la sua cucina stellata | INTERVISTA

Un talento italiano a Parigi: chef Simone Tondo e la sua cucina stellata | INTERVISTA

di Michele Porcheddu

L’emigrazione italiana ha assunto nuove dimensioni negli ultimi anni, con sempre più connazionali che scelgono di trasferirsi all’estero, portando con sé il loro talento. Dal 2006, il numero di italiani all’estero è praticamente raddoppiato, con un aumento del 97,5%, arrivando a oltre 6,1 milioni di cittadini iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero, come emerso dal Rapporto Italiani nel Mondo 2024. Questo fenomeno ha toccato anche il mondo della ristorazione: ogni anno, sempre più chef, pasticceri e imprenditori italiani decidono di trasferirsi all’estero, portando con sé non solo la passione per la cucina, ma anche una cultura culinaria ricca di storia e innovazione. Da New York a Londra, da Parigi a Tokyo, gli italiani nel mondo della ristorazione sono diventati veri e propri ambasciatori del Made in Italy, adattando le ricette tradizionali alle esigenze locali, ma senza mai tradire le radici che li legano alla cucina della loro terra. La cucina italiana, apprezzata in tutto il mondo, diventa così strumento di riscatto e di successo per una nuova generazione di chef e professionisti che, tra sfide e soddisfazioni, costruiscono la propria carriera a livello internazionale.

Simone Tondo è un esempio perfetto di come la passione e la determinazione possano spingere un giovane cuoco a farsi strada all’estero, ottenendo risultati straordinari. Chef di origine sarda, il più giovane a ricevere una Stella Michelin in Francia, Simone Tondo ha saputo conquistare la capitale parigina con il suo bistrot Racines, un punto di riferimento gastronomico che racconta la sua evoluzione culinaria. Il percorso di Simone, intrapreso lontano dalla sua Alghero, è quello di un “expat” che ha lasciato la sua terra per abbracciare il mondo, portando con sé la tradizione gastronomica italiana, arricchendola di esperienze internazionali e di un tocco personale che ha saputo conquistare i palati francesi.

In questa intervista, Simone Tondo ci racconta la sua storia, la sua cucina e come ha vissuto il suo cammino, tra sfide, successi e l’indelebile legame con le sue radici italiane.

La mia storia inizia quasi per caso, quando a 14 anni decisi di non seguire la strada di geometra, come voleva mio nonno. La passione per la cucina mi ha guidato verso un cambiamento radicale: sono stato incoraggiato da mia madre a iscrivermi all’Istituto Professionale di Stato per i Servizi Alberghieri di Alghero. È stato lì che ho incontrato il mio primo grande mentore, il professore di cucina Raffaele Rondello, che mi ha spinto a fare un tirocinio presso Cristiano Andreini, un ristorante stellato. Da quel momento, la mia passione per la cucina è esplosa. Dopo aver lavorato con Carlo Cracco e aver fatto uno stage presso il Mirazur di Mauro Colagreco, ho deciso di trasferirmi a Parigi, dove ho avuto l’opportunità di lavorare con grandi nomi come Giovanni Passerini, Alain Ducasse e Christophe Moret. Il mio primo ristorante, Roseval, è stato premiato appena tre mesi dopo l’apertura come “Meilleur Table de l’Année” dalla Guida del Fooding. E nel 2018, ho acquistato Racines, un bistrot storico che ha ricevuto la stella Michelin il 2 gennaio. Non avrei mai immaginato che avrei raggiunto un simile traguardo.

La mia cucina è un percorso che si è evoluto molto nel tempo. È un equilibrio di stagionalità e di rispetto per il prodotto, con un tocco transalpino. Mi piace giocare con i contrasti, ma allo stesso tempo valorizzare le tradizioni culinarie. Penso che la mia cucina sia una fusione di creatività e semplicità, centrata sul piacere del gusto e sull’esperienza del cliente.

La sfida più grande è stata la velocità con cui è successo tutto. Ho iniziato a 23 anni, e in quel periodo ho dovuto affrontare enormi difficoltà, tra cui la pressione e le responsabilità che derivano dal gestire un ristorante in una città così competitiva. Essere lontano dalla famiglia è stato un sacrificio, ma la passione per questo lavoro mi ha spinto a non mollare mai. Ogni difficoltà, alla fine, si è rivelata un’opportunità di crescita.

Parigi e l’Italia sono molto diverse dal punto di vista gastronomico. Parigi è una metropoli con un mercato molto competitivo, un carico di lavoro costante e una grande diversità di clientela. L’Italia è un paese più piccolo, ma con una cultura gastronomica altrettanto ricca e affascinante. Non posso dire quale senta più vicino, anche perché ormai vivo a Parigi da 15 anni. L’Italia è sempre nel mio cuore, e chissà, magari un giorno tornerò per portare la mia esperienza in un nuovo progetto.

Sì, ci sono stati molti momenti in cui ho pensato di mollare, soprattutto quando ero più giovane e non capivo a pieno perché dovessi fare così tanti sacrifici. Tuttavia, con il tempo ho capito che ogni difficoltà è parte del percorso. Non ho mai rinunciato perché amo profondamente questo mestiere, e credo che ogni giorno mi dia la possibilità di imparare e di migliorare.

La Stella Michelin non è mai stata per me un obiettivo, ma un riconoscimento per il lavoro che faccio. Penso che ci siano chef che vivono per questo premio e altri che, come me, lavorano con passione senza cercare l’immagine. La stella viene e va, ma la sostanza è ciò che resta: la costanza nel talento, la cura per il cliente e l’amore per il mestiere sono le cose che veramente contano.

Accolgo le critiche con spirito aperto, sempre. Se sono costruttive, possono essere una grande occasione di crescita. In passato, mi sono trovato a lavorare in cucine molto complesse, e oggi cerchiamo sempre di soddisfare i nostri clienti. Come diceva mia nonna, se i piatti tornano puliti, vuol dire che abbiamo fatto un buon lavoro.

Il mio consiglio è di non avere paura di sognare. Sbagliare è umano, ma ciò che conta è metterci sempre impegno e passione. Ogni giovane che si avvicina alla cucina dovrebbe trovare un posto dove si sente bene, senza farsi limitare dalle etichette o dalle aspettative degli altri. I sogni vanno coltivati, senza mai perdere la speranza.

Non credo di aver realizzato tutti i miei sogni, anzi. Sono felice per ciò che ho raggiunto, ma c’è sempre spazio per nuovi progetti. Uno dei miei sogni è aprire una chambre d’hôtes sul mare, con sei camere eleganti. Negli ultimi anni, però, non ho avuto il tempo di concentrarmi su questo progetto, quindi vedremo cosa riserverà il futuro.