Ristorazione e parità di genere: a che punto siamo?

Ristorazione e parità di genere: a che punto siamo?

di Michele Porcheddu

Il ruolo della donna in cucina e la parità di genere sono temi di grande attualità, soprattutto quando si parla di cucina professionale e ristorazione stellata. La figura dello chef è spesso associata agli uomini: se vi chiedessero di nominare i migliori chef stellati d’Italia, vi verrebbero in mente delle donne? Probabilmente no. Le donne infatti sono frequentemente relegate al ruolo di “cuoche casalinghe” all’interno della sfera domestica. Ma le cose per fortuna stanno cambiando (anche se lentamente ndr): sempre più professioniste stanno assumendo ruoli di leadership nelle cucine stellate e nei ristoranti di fama internazionale, portando il loro talento e la loro visione nella gastronomia d’eccellenza (e non solo!). Nonostante alcuni (timidi) progressi, il divario di genere è ancora ben presente, alimentato da una cultura patriarcale che per lungo tempo ha limitato (e continua ancora oggi ndr) l’accesso delle donne ai vertici della ristorazione (e del mondo del lavoro in generale ndr). Il riconoscimento del loro talento e delle loro competenze professionali procede ancora a rilento, ostacolato da pregiudizi e da un sistema che fatica a garantire pari opportunità.

Donna regina del focolare: uno stereotipo difficile da superare

Fino a pochi decenni fa, il ruolo delle donne in cucina era quasi esclusivamente quello di cuoche casalinghe. In quasi la maggioranza delle famiglie italiane la preparazione dei pasti era compito della madre, mentre nei ristoranti e nelle cucine professionali a dominare erano gli uomini (le donne erano impiegate in ruoli “umili” come lavapiatti o tuttofare ndr). Questo stereotipo, radicato da secoli, ha reso difficile il riconoscimento delle donne in ambito gastronomico. Anche oggi, si sente parlare più spesso di grandi chef uomini, mentre il contributo delle donne resta meno visibile.​

Storicamente infatti, la divisione dei ruoli di genere ha relegato le donne alla sfera domestica, considerandole “regine del focolare“. Questa visione – radicata nella cultura patriarcale – le ha sempre associate alla cura della casa e della famiglia, escludendole dalle attività pubbliche e professionali. Questo fenomeno non è solo limitato al mondo della cucina, ma riflette una struttura sociale più ampia in cui esistono ancora, oggi, dei confini ben definiti tra i “lavori da uomo” e i “lavori da donna”. Anche nel contesto professionale moderno, la mentalità che separa nettamente i mestieri maschili da quelli femminili è ancora molto presente. Sebbene negli ultimi anni ci siano stati dei passi in avanti, resta il fatto che molte professioni ad alta visibilità – come quelle legate alla cucina stellata – siano ancora considerate territorio “maschile”.

Secondo i dati della Federazione Italiana Pubblici Esercizi (FIPE), nel 2024 si contano circa 1.200.000 imprese nel settore della ristorazione, di cui 96.000 a conduzione femminile, pari solo all’8% del totale. La cucina è infatti spesso vista come un ambito fisicamente e mentalmente impegnativo, con orari estenuanti e un ambiente altamente competitivo. Per questo motivo, molte donne sono ancora viste come “inadatte” a ricoprire ruoli di leadership in un contesto così “mascolino”. Questo bias culturale è difficile da abbattere, perché continua a prevalere l’idea che certi lavori richiedano caratteristiche “maschili”, come la forza fisica, la resistenza allo stress o la leadership aggressiva, qualità che spesso vengono stereotipicamente attribuite agli uomini, mentre le donne vengono invece associate a competenze considerate più “femminili”, come la cura, la delicatezza o la gestione emotiva.

In un ambiente di lavoro ancora permeato da questi pregiudizi, le donne sono costrette a dimostrare continuamente il proprio valore, spesso in modo più arduo rispetto ai colleghi maschi. La difficoltà nell’accesso a ruoli di vertice femminile riflette ancora la resistenza a concepire la donna come una figura che possa incarnare un modello di forza, competenza e autorità. In ambito occupazionale in Italia, le donne costituiscono oltre il 50% dei dipendenti nel settore della ristorazione. Tuttavia, quando si considerano posizioni di leadership, la loro presenza diminuisce: circa il 28,5% delle imprese di ristorazione è gestito da donne. A livello globale, su oltre 3.300 chef stellati in 28 paesi, solo 169 sono donne, con 41 di esse operanti in Italia. Questo evidenzia la necessità di un cambiamento culturale più profondo per raggiungere una parità di genere completa (anche) nel settore dell’alta ristorazione.

La recente lettera aperta firmata da settanta chef e dipendenti della ristorazione nel Regno Unito, pubblicata dal Telegraph, ha riacceso il dibattito sulla condizione delle donne nelle cucine professionali. La protesta è nata in risposta alle dichiarazioni dello chef stellato Jason Atherton, che ha affermato di non aver mai assistito a episodi di sessismo nel settore. Le firmatarie della lettera hanno denunciato una realtà ben diversa, fatta di molestie, discriminazioni e difficoltà nell’avanzamento di carriera. Questo episodio dimostra come il problema sia ancora profondamente radicato e come la battaglia per una maggiore equità sia tutt’altro che conclusa.

Donne chef: talenti in ascesa

Nonostante le difficoltà, sempre più chef donne stanno emergendo nel panorama gastronomico, ottenendo riconoscimenti prestigiosi e sfidando gli stereotipi di genere. A fare “da pioniera” fu Eugénie Brazier, che nel 1933 divenne la prima donna a ricevere tre stelle Michelin per il suo ristorante a Lione, un’impresa che all’epoca sembrava impensabile. Il suo successo segnò un passo fondamentale verso l’inclusione delle donne nella gastronomia d’élite e la sua eredità continua ad ispirare le nuove generazioni di chef. Nel 1992, un altro capitolo significativo venne scritto da Annie Féolde, che divenne la prima donna in Italia a conquistare le tre stelle Michelin con il suo ristorante Enoteca Pinchiorri a Firenze. Il suo traguardo rappresentò un segnale importante per la ristorazione italiana, dimostrando che le donne potevano eccellere a livelli altissimi, sfidando una tradizione che le relegava ai margini.

Anche oggi, nel mondo e in Italia, le donne continuano a conquistare nuovi orizzonti nel mondo gastronomico. Chef come Clare Smyth, Nadia Santini, Antonia Klugmann, Viviana Varese; Cristina Bowerman e Chiara Pavan stanno portando innovazione e talento nelle cucine professionali, riuscendo a rompere schemi consolidati e a ottenere riconoscimenti internazionali. Grazie al loro lavoro il ruolo femminile della donna nella ristorazione sta cambiando, offrendo un esempio concreto di come la cucina possa essere un terreno fertile per l’emancipazione e la parità di genere.

Chef donne e parità di genere: verso un futuro più inclusivo

Fortunatamente, sempre più donne entrano nel mondo della ristorazione e le nuove generazioni trovano modelli di riferimento femminili che le incoraggiano a intraprendere questa carriera. I social media e le nuove piattaforme digitali danno maggiore visibilità alle donne chef, permettendo loro di far conoscere il proprio talento a un pubblico più vasto. Scuole di cucina e istituzioni gastronomiche stanno iniziando a promuovere programmi di formazione e mentoring dedicati alle donne, facilitando il loro ingresso e la loro crescita nel settore. Iniziative come la S.Pellegrino Young Chef Academy stanno affrontando il tema della parità di genere attraverso incontri e seminari con chef di fama mondiale. Anche alcune aziende stanno adottando politiche più inclusive, come il Gruppo Aimo e Nadia, che ha ottenuto la certificazione per la parità di genere, impegnandosi nella formazione e nello sviluppo di carriera delle proprie dipendenti.

Il ruolo della donna in cucina sta finalmente evolvendo, ma restano ancora molte le sfide da affrontare. Sebbene alcune donne chef abbiano raggiunto traguardi straordinari, il loro numero in posizioni di rilievo è ancora molto basso. La ristorazione ha bisogno di più donne chef, e il percorso verso un mondo più equo e meritocratico è avviato ma la strada è ancora lunga. Per raggiungere un vero cambiamento, non basta aumentare la presenza delle donne nelle cucine professionali: è necessario trasformare la cultura patriarcale che per secoli ha relegato le donne a ruoli marginali. Il riconoscimento del loro talento deve essere pienamente legittimato, senza dover dimostrare continuamente di valere più dei colleghi uomini per ottenere le stesse opportunità. Purtroppo, molte donne continuano a dover affrontare molestie e pregiudizi, una realtà che ostacola non solo la loro carriera, ma la loro stessa dignità. Serve un impegno collettivo da parte di istituzioni, aziende e società per abbattere questi pregiudizi radicati e creare un ambiente in cui il merito sia l’unico criterio di giudizio. La strada è ancora lunga, ma il cambiamento è già in atto e non si può più tornare indietro (almeno speriamo! ndr).